Il
cielo era terso, senza nuvole. Solo una leggera brezza accarezzava i
suoi capelli ondulati. Aveva lasciato tutto in ordine e poteva
concedersi una giornata di vacanza.
In silenzio assorta nei suoi pensieri dal belvedere osservava la ripida discesa su cui erano cresciuti alcuni alberi di limone.
Era
una giornata autunnale, ma ancora faceva caldo. Stare ad ammirare la
vista da quell’angolo la metteva di buon umore. Si lasciava accarezzare
dal vento mentre aspettava che lui arrivasse.
Lei
era arrivata un po’ in anticipo, complice il poco traffico della
giornata e aveva avuto il piacere di guidare scivolando lungo il
tragitto descrivendo come una matita la sua scia. Adesso, mentre
aspettava si concedeva quei minuti per sé e si guardava intorno. La
macchina l’aveva lasciata poco distante e aveva risalito la strada a
piedi per potersi affacciare da quel belvedere.
Quel luogo spettacolare era il sagrato di un convento, noto fin dall’infanzia e percorso con i genitori per andare al mare.
Al
di là dell’elaborato parapetto si apriva la vallata rigogliosa da cui
si dominava tutta la valle fino al mare. Quel posto poco illuminato la
sera era tanto caro alle coppiette, ma di giorno quel senso di
“nascosto” si perdeva. Respiravi un’altra atmosfera: il convento era
molto ambito come scenografia per i matrimoni. Lo spazio era senza
confini e tra una casa e un’altra spuntava dirompente la vegetazione.
Nonostante le opere idriche realizzate dall’uomo per sfruttare la
ricchezza locale d’acqua, non era riuscito a controllarla del tutto:
persistevano in quel piano alcune fiumare sotterranee che rendevano la
zona fertilissima.
L’aria
era talmente pulita che scorse in lontananza il profilo della penisola.
Intenta nell’ammirare e scoprire i suggestivi particolari, non fece
caso alla macchina che si era fermata lì vicino. Sentì solo le braccia
che si allungavano per circondarla. Non ebbe paura, perché riconobbe
all’istante l’odore inconfondibile della sua fragranza.
Appoggiò
le sue mani alle sue e si fece stringere forte. Ancora per qualche
istante rimasero in silenzio quasi a voler condividere quel paesaggio
sconfinato.
Lei si voltò verso di lui, poggiò le sue labbra sulle sue e con le mani gli accarezzò il viso e lui la strinse forte a sé.
Percorsero
allegramente quei tornanti che li separavano dal mare che qualche
minuto prima avevano ammirato dall’alto, arrivarono al porticciolo dove
si trovava un piccolo ristorantino. Ormai si era fatto sera e
all’imbrunire tutto aveva assunto un’atmosfera magica.
Ordinarono
un antipasto di pesce crudo con un calice di Albanello. Quando
servirono loro il piatto rimasero stupiti dalla varietà: gamberoni,
scampi, tartare di tonno, ostriche, salmone, pesce spada, alici.
Incominciarono
a degustare il piatto prelibato, lui si avvicinò con un mezzo sorriso e
le fece una richiesta: voleva assaggiare uno scampo con il suo sapore. Lei
imbarazzata incominciò a ridere, ma non poté resistere, accettò e
approfittò del fatto che il cameriere si era allontanato. Prese il
crostaceo con una mano e con l’altra, approfittando della tovaglia
lunga, sollevò la gonna, divaricò leggermente le gambe, scostò gli slip e
lo inserì nella vagina lubrificata. Poi come se fosse il dono più
prezioso glielo porse facendogli aprire la bocca e lui deglutì.
Lo
gustò lentamente e poi come se fosse un vino pregiato le raccontò quali
fossero i sapori appena assaporati: marini delicatamente fruttati e
vellutati con una nota leggermente agrumata.
Eliza Bennet