28 dicembre 2014

Vorrei






Vorrei sprofondare nei tuoi occhi,

per sciogliermi dentro il tuo cuore.



Vorrei essere le tue mani,

per unirmi al tuo corpo.



Vorrei morire sulle tue labbra,

per raggiungere il profondo della tua anima.

Eliza Bennet
18 gennaio ‘97

27 dicembre 2014

Avanzo



Cristalli di neve

Scendono giù,

quasi lacrime

eppure ai miei occhi

sono stelle.

Silenzio ovattato

I miei passi sprofondano

In questa soffice coltre innevata

Avanzo.

Eliza Bennet

23 dicembre 2014

Il video di "Gioia"




Quando scrissi questa poesia fu  la canzone degli U2  di “Hallelujah here she comes” a ispirarmi.

 

Non è stato possibile usare questa canzone per i diritti d'autore, ma quando l'ascolterete abbiate l'immagine di una ragazza irruente, che ha una grande voglia di vivere, di ballare, impetuosa, che non smette di sorridere.
Se vi chiedete chi è Eliza Bennet ecco il suo ritratto.

22 dicembre 2014

Il mio regalo per Voi cari Lettori


L'Audio libro dove potrete ascoltare le mie poesie contenute nella pubblicazione "Riflessi 12" e recitate egregiamente.

Io mi sono emozionata, spero che anche per voi sia lo stesso!
Buon ascolto!

http://autori.poetipoesia.com/eliza-bennet/audiolibro/

21 dicembre 2014

Capelli

Gli uomini sono un po’ come i capelli.

Quando sono ricci sono capricciosi, ti cadono sulla fronte e non stanno mai fermi.

Li porti lisci e sembrano quasi che tu sia riuscita a domarli.

Possono essere lunghi per accarezzarti la schiena.

In certi momenti si fanno ondosi, crespi quasi che decidano loro cosa vogliano essere.

Poi riesci a raccoglierli in uno chignon e averli tutti per te.

Succede che li sollevi con un coda, ma sei ancora tu che conduci il gioco.

In altre occasioni dai un taglio netto: sono corti e stavolta puoi fare a meno di loro.

In tutte le occasioni sei tu a stabilire le regole della partita.

Tu hai le redini.

Eliza Bennet

18 dicembre 2014

Dolcemente respiro

Dolcemente respiro.
I polmoni riprendono fiato come vele spiegate.
Il vento mi spinge portandomi al largo,
fuori rotta,
in luoghi inesplorati.
Mi accarezza solo il leggero rumore dell’onda.
Abbagliata.
Accanto a me la mia anima
Tiene stretto il mio cuore.

Eliza Bennet

16 dicembre 2014

Un racconto

I suoi occhi si poggiarono su di lei come carezze.
Lei li sentì e un brivido le percorse lungo la schiena.
Era bastato uno sguardo  per poter capire che erano in sintonia.
In quel preciso momento e situazione dovevano ancora una volta rispettare le distanze.
Una chiacchierata tra loro ci fu, pochi minuti, ma sinceri.
Lui aveva letto la sua email e l'aveva gradita moltissimo.
Lei si aspettava che facesse finta di niente.
Era un ulteriore conferma che lui teneva a lei.
In quel linguaggio segreto si dissero molte cose.
Resistevano ancora per poco quei muri invalicabili tra un professore e un'alunna.
Dietro a questi finti paraventi esisteva un linguaggio non di parole, ma di reciproca affinità che esisteva da sempre.

Lei aspettava, ogni suo gesto era ponderato, ma c'era qualcosa di profondo che la guidava e che le infondeva fiducia.
Era bello poter ricordare i suoi occhi, i suoi gesti che lui compieva spontaneamente nei suoi confronti.
Le bastava ricordare certe frasi durante le lezioni che erano inequivocabilmente giochi di seduzione.
La verità è che si piacevano.

Adesso ad esami finiti, lei come da vere streghe, tornò alla carica.
Si era un pò esposta in una email, lui come da manuale, aveva sorvolato e fatto cenno ad altre cose.
Lei, dall'altro canto, era guidata dall'esperienza: sentiva certi lati del suo carattere come se fossero un libro aperto: dietro un paravento di ostentata virilità, vedeva un Uomo Vero, un Uomo moderno, sensibile, dolce, capace di mettersi in discussione.
Ancora non conosceva la sua sofferenza, ma poteva intuirla.

Lei, da manuale, avrebbe voluto farsi carico di quel dolore, trasformarlo in carezze, baci, sguardi non più velati, ma autentica passione.
Vedeva tantissime cose belle in lui. Ormai i loro destini si erano legati. Lei avrebbe fatto qualsiasi cosa, avrebbe accettato anche un rifiuto, un "no" esplicito.
I sogni di lei adesso erano liberi, potevano andare dove volevano, non temeva nulla.
Qualsiasi risposta andava bene, lei era in pace con il suo cuore, il risultato non dipendeva da lei.
Si sarebbe avvicinata, lo avrebbe guardato negli occhi e si sarebbe mostrata per quello che era.
Dopo?
Tutto andava bene.
Gli voleva bene, avrebbe rischiato di perdere una persona che l'avrebbe aiutata nel lavoro...ma cosa importava? lei lo amava e questo tipo di "aiuto" le interessava relativamente.

Lei voleva Lui, non il suo aiuto.

Sentiva, chiedendo gli occhi le sue labbra, i sospiri, le mani esplorare il suo corpo che decisi arrivavano dove c'è il centro del desiderio.
Sapeva dove andare, anche se la pelle, il corpo di lei erano una novità, ma lo aveva desiderato nella sua mente e adesso erano li.

Nel Buio due anime si erano unite, erano accecati dal desiderio di riempire i loro corpi di Amore, di raggiungere con l'orgasmo una fetta di Immensità.

Eliza Bennet

14 dicembre 2014

La notte

E a sera
che tutto si trasforma
in una magica nuvola.
In quel vivo silenzio
sento cantare
i tiepidi sospiri
delle emozioni.
In quelle giocose danze
un sottile divenire
fiabesco
inonda la mia stanza.

9 maggio 2000
Eliza Bennet

12 dicembre 2014

Sogno

Con svolazzanti piume
allegre risate
arrivò leggiadra.
Colori vivacissimi
le tingevano il viso.
Il movimento
riempiva il suo corpo.
La vita
le aveva dipinto
un bellissimo vestito.

Eliza Bennet
22 gennaio ‘00
Seal “No easy way”

2 dicembre 2014

Uniti

Come raggi di sole
Mi strinse a se.
Vortici segreti
In  quella stanza
Segreti intimi
Amanti e amati.
Mi lasciai andare.

Eliza Bennet

1 dicembre 2014

Eppur non sei solo

I tuoi petali
profumano di cotanta bellezza…
Sarebbero più vivi
con il sorriso del tuo compagno…

Hai inebriato la stanza
eppur ti senti solo…
Vorresti dipingere
le pareti
e farle esplodere di colori…

Ballare e inneggiare
Mille canti
Cambiar le note delle canzoni,
giocar con mille voci…

eppur sei solo…
silente
è la stanza.

Ascolta il tuo cuore
Il mondo in fondo al cuor
Un oceano scoprirai
Mille voci cantar

Eppur non sei solo…

1 dicembre 2002
Eliza Bennet

30 novembre 2014

Quando tornerai

Quando rincaserai,
stanco delle fatiche
della giornata,
Sarai inondato
Da un profumo
Inebriante
di petali variopinti
lasciati sparsi
in ogni stanza.
Una mano misteriosa
Li ha lasciati
Per cullarti.

Eliza Bennet

19 novembre 2014

Una valigia

La valigia era pronta sul divano. Non era molto grande, in fondo non stava fuori per tanto tempo e poi aveva notato che in quei giorni non aveva bisogno di molte cose: uno spazzolino, dei pantaloni pesanti,  un maglione, una camicia e della biancheria intima. La chiuse, certo che anche stavolta aveva preso tutto, ma non appena fece il gesto di sollevarla, le venne in mente lei e quel indimenticabile incontro.

Tutto era stato diverso rispetto alle donne con cui era uscito fino a quel momento. Generalmente era stato lui a decidere con chi uscire. Era sempre lui a fare il primo passo. Con quella donna fu letteralmente “scelto”. Tutta la situazione era stata intrigante e disarmante: non si era mai trovato di fronte una “cacciatrice”, una donna che già dal primo incontro ti faceva sentire “avvolto tra i suoi tentacoli”.

Si conoscevano da tempo, ma fu la situazione che li mise vicini. Lei attese come una vera predatrice che lui si avvicinasse, poi con un tono molto affabile gli chiese come stava, gli raccontò alcuni particolari della sua vita. L’esperienza gli fece capire che l’avrebbe vista in un altro momento, in un posto lontano da quel luogo, che non avrebbe staccato le labbra dalle sue, che si sarebbe avvolto tra le sue gambe.

In quel momento ripensò a quella serata, a quanto desiderasse averla lì con se e a quanto in questo momento fosse impossibile rivederla.

Andava via, ma non da lei. Si ritrovò nuovamente in quella stanza d’albergo. Chiuse gli occhi e sentì ancora una volta la sua pelle morbida e calda. Aveva voglia di assaporare i suoi seni, sentire il sapore dei suoi capezzoli. Le mani andarono sotto la camicia e velocemente le tolse il reggiseno. Aprì nuovamente gli occhi e trovò quelli di lei a brillare per l’eccitazione. Si tolse la polo e riprese a palpare quella carne abbondante, avvolgente. La voleva possedere subito, le tolse il perizoma, la fece sdraiare e la penetrò. Le mani di lei mentre si muoveva, gli accarezzavano la schiena. Erano tocchi leggerissimi, i brividi furono lunghissimi. Il suo istinto era quello di spingere ancora di più dentro, tutto era amplificato da quelle delicatissime carezze. Più si sentiva sfiorato e più la voglia di lui cresceva. Anche lei godeva e si lasciava andare. In quella danza era bello sentire come il suo membro veniva lubrificato dal suo umore.

Poi lei volle cambiare posizione e con un leggero gesto della mano lo fece sdraiare. Incominciò a leccare tutto il corpo. In quei momenti  lui si concentrò solo a quello che provava: sentì la lingua che gli percorse il petto, prima dedicandosi a stimolare un capezzolo e poi scivolando sull’altro. Si dedicava con tutta se stessa a quel gesto, non aveva premura di arrivare in altre zone erogene. Sembrava quasi che esistesse solo lui e la sua eccitazione in quel momento. Le sue labbra succhiavano e la lingua si arrotolava sull’aureola.

Proseguì fino ad arrivare al suo membro: scivolava eccitata tra la lingua e la sua vagina. Sentiva in quel gioco quanto era eccitata e vogliosa di lui. Poi con un gesto sicuro se lo inserì dentro e incominciò a ondeggiare piano piano. Lui gli prese i seni abbondanti e si fece travolgere da quelle rotondità così ricche.

Si lasciò andare come non mai in quella notte, non aveva mai conosciuto una donna che lo aveva reso partecipe del suo godimento, che si era lasciata andare e lo aveva fatto sentire Uomo.

Eliza Bennet

10 novembre 2014

Imprevisti

Aveva accettato con fatica quell’invito a pranzo, sperando fino all’ultimo in un imprevisto. Poi al momento di prepararsi per uscire, aveva trovato il buon umore. Con cura aveva scelto il bagnoschiuma per farsi la doccia e si era presa tutto il tempo per applicare la crema sul corpo. Aveva preso una quantità sufficiente di prodotto per stenderlo su un polpaccio e con le mani si massaggiava e ne assaporava la fragranza. Erano delle carezze che si faceva ad ogni parte della pelle, quasi che stesse compiendo un rito. Il tempo era dilatato, i minuti che impiegava nel compiere queste carezze sembravano interminabili.

Poi dolcemente passava all’altra gamba con la stessa cura e metodica. Erano quei momenti in cui si riappropriava del suo fisico. Nel compiere questi gesti lenti aveva incominciato ad apprezzarne le sue peculiarità, a guardarlo con amore, ad ammirare quelle cicatrici testimoni del suo passato, a non disprezzarlo più perché era dimostrazione della sua storia. Aveva scoperto che era il Suo corpo, il Suo tempio e se ne doveva prendere cura, proprio come una mamma fa con il proprio bambino. In quei momenti si concesse dei teneri gesti, piccole attenzioni: l’accarezzarsi del ventre, dei seni e poi con amorevolezza si guardò le sue rotondità femminili.

Non c’era musica migliore nel compiere quei gesti che in silenzio. Per caso poi, alzò lo sguardo e i suoi occhi si rivolsero allo specchio. Vedeva riflessa tutta la sua morbida nudità e non sentì più quel giudice cattivo che sistematicamente interponeva tra se e lo specchio. Spontaneamente sulle sue labbra nacque un sorriso. Si volse alla cassettiera e cercò con cura quale slip o perizoma la potesse ispirare. Il cassetto era stracolmo di ogni forma e colore di questo capo. Non si accontentò di prendere il primo che le capitasse per mano,  la sua attenzione si rivolse a quelli che si trovavano più in basso e finalmente ne scorse uno di suo gradimento acquistato tanto tempo fa e lo indossò. Prese il reggiseno, si rivolse nuovamente allo specchio e il sorriso che ne scaturì fu di assoluta approvazione. Aprì l’armadio e scelse la gonna a tubino nera che tanto le donava. Due spruzzate di acqua di colonia sul collo e indossò una camicetta leggermente elasticizzata.

Eseguì tutti i movimenti con calma, quasi fosse il giorno più importante della sua vita, invece era una semplicemente uscita. Il suo compagno era sotto ad aspettarla.

Doveva ancora truccarsi. Non amava usare ciprie coprenti, ma si concedeva due tocchi molto semplici: applicare una sottile linea nera con l’eye liner e il mascara che evidenziava quei occhi da cerbiatta. Scelse velocemente la borsa abbinata alle scarpe, una collana appariscente e un anello.

Adesso era finalmente pronta e si sentì apposto. Lentamente scese le scale e salì in macchina. Quando arrivarono al locale, il suo compagno ricevette una telefonata di lavoro e rimase sola ad aspettare. Per far passare il tempo incominciò a giocare con il cellulare e si guardò intorno. Rimase un po’ delusa: pensava che tutto il tempo che aveva dedicato alla cura di te stessa fosse stato notato dal suo uomo, invece si ritrova sola ad un tavolo.

Mentre sorseggiava un bicchiere di vino si avvicinò quell’uomo che all’ingresso aveva notato per il suo atteggiamento spavaldo. Non avrebbe voluto dargli confidenza, ma il tempo non passava mai e sembrava quasi un invito a farlo accomodare.

- Cosa fai? scrivi un messaggio al tuo fidanzato? - Esordisce. Lei vorrebbe nascondere quel telefono, sentendosi come un bambino che è stato appena colto in fragrante. Qualche istante per completare quello che stava scrivendo e lo mette in borsa.

Lei non riuscì a nascondere il suo disappunto e brevemente  gli raccontò la sua storia. Vedendo che il fidanzato stava arrivando, lui le lasciò il numero di telefono, avrebbero parlato con più calma in un altro momento, alcuni amici lo richiamarono e si alzò salutandola.

Eliza Bennet

8 novembre 2014

Non ti manca nulla

Si era girata e rigirata più volte in quel letto. Era presto per alzarsi, ma tutti i pensieri, le ansie non la lasciavano stare. In tutti questi mesi non era riuscita a trovare una soluzione. Aveva cercato dappertutto un qualsiasi posto di lavoro, ma nulla. Le risposte erano sempre le stesse: troppo qualificata, troppo filosofa, sprecata per fare un lavoro più semplice per le sue abilità, “curriculum interessante, le faremo sapere”. Le risposte dopo due anni di ricerca erano state sempre le solite. Ottenere un lavoro sembrava un muro invalicabile a cui lei non aveva diritto.

Si era scontrata con tanti ostacoli: aveva un’età di “donna fertile”, l’ambiente esclusivamente maschile e maschilista. Non bastava “dire e saper fare”, lo doveva eseguire molto bene, essere veloce nel capire le problematiche e trovare una possibile soluzione.

Non aveva perso la speranza, ma l’ultimo colloquio la fece riflettere. Si pose una domanda: è la mia strada? È veramente quello che desidero?

Silenzio. La risposta era talmente sincera che le fece paura. Aveva obbligato se stessa a perseguire un corso di studi lontanissimo dalle sue aspirazioni, aveva studiato e nonostante tutto era riuscita a conseguirlo. Ma adesso, guardava il suo percorso e vedeva solo tantissima fatica, pochi risultati e un incredibile stress.

Ancora una volta la stessa domanda: “Sei proprio sicura di voler continuare su questa strada? Ti sto guardando, vedo solo un’anima in mille pezzi, sai quanta fatica dovrò fare per ricostruire tutto? Smettila di torturarti, sono stanco anch’io di vederti soffrire in questo modo. Le tue lacrime sembrano gocce di sangue.”

Silenzio.

Si alzò senza sapere cosa doveva cambiare. In questi ultimi mesi aveva coltivato come un giardino prezioso le sue passioni: la lettura, il ricamo, la cucina, il giardinaggio, sistemato la casa rendendola più graziosa. Aveva fatto lavorare la mente e le mani, ma quella mattina non riusciva a togliersi quel senso di sconfitta nel non essere riuscita con la preparazione e lo studio quello che si era prefissata.

Non riusciva a fermare le lacrime: avevano il sapore amaro del fallimento.

Forse era proprio lì la risposta: non insistere. Il suo mondo era ricco di tantissime cose, in fondo non le mancava nulla.

Eliza Bennet

24 ottobre 2014

Una storia

Si incontrarono.
Per caso.
Solo uno scambio di poche battute.

Da lì in poi tutto fu diverso.
Incredibilmente diverso.

Entrambi tornarono alle solite abitudini, al proprio mondo, ma niente fu come prima.
Lui rimase scosso, accaldato.
Lei avvertì una strana sensazione, proprio lì.
Lei voleva rivederlo per capire come fosse possibile provare qualcosa per lui, lo conosceva da tanto tempo e aveva paura di sbagliare.
Doveva capire.

Di lì a poco uno scambio di messaggi chiari ed espliciti.
Passione allo stato puro.
Impossibile fermare quel sentimento.

Si cercarono ancora e si videro, imbarazzati.
Lui curioso ascoltava lei che raccontava, come un fiume, la sua vita segreta.
Quella sera non successe niente, ma lei quanto avrebbe voluto...

Fu lui però a sconvolgere i piani: incontrarsi un sabato da soli nel suo appartamento.
Lei fantasticò, ragionò, e infine accettò di incontrarlo.

Uno di fronte all'altro.
Nudi nella loro semplicità.
Avvolti l'uno nell'altro perchè solo così si sentirono completi.
Lei per la prima volta in tutta la sua vita si lascia andare a quel magico mistero che è l'amore.
Lui ne rimane impigliato, stregato nella rete di lei.

Eliza Bennet

15 ottobre 2014

Sorseggiando un po’ di mare

Il cielo era terso, senza nuvole. Solo una leggera brezza accarezzava i suoi capelli ondulati. Aveva lasciato tutto in ordine e poteva  concedersi una giornata di vacanza.

In silenzio assorta nei suoi pensieri dal belvedere osservava la ripida discesa su cui erano cresciuti alcuni alberi di limone.

Era una giornata autunnale, ma ancora faceva caldo. Stare ad ammirare la vista da quell’angolo la metteva di buon umore. Si lasciava accarezzare dal vento mentre aspettava che lui arrivasse.
Lei era arrivata un po’ in anticipo, complice il poco traffico della giornata e aveva avuto il piacere di guidare scivolando lungo il tragitto descrivendo come una matita la sua scia. Adesso, mentre aspettava si concedeva quei minuti per sé e si guardava intorno. La macchina l’aveva lasciata poco distante e aveva risalito la strada a piedi per potersi affacciare da quel belvedere.

Quel luogo spettacolare era il sagrato di un convento, noto fin dall’infanzia e percorso con i genitori per andare al mare.

Al di là dell’elaborato parapetto si apriva la vallata rigogliosa da cui si dominava  tutta la valle fino al mare. Quel posto poco illuminato la sera era tanto caro alle coppiette, ma di giorno quel senso di “nascosto” si perdeva. Respiravi un’altra atmosfera: il convento era molto ambito come scenografia per i matrimoni. Lo spazio era senza confini e tra una casa e un’altra spuntava dirompente la vegetazione. Nonostante le opere idriche realizzate dall’uomo per sfruttare la ricchezza locale d’acqua, non era riuscito a controllarla del tutto: persistevano in quel piano alcune fiumare sotterranee che rendevano la zona fertilissima.

L’aria era talmente pulita che scorse in lontananza il profilo della penisola. Intenta nell’ammirare e scoprire i suggestivi particolari, non fece caso alla macchina che si era fermata lì vicino. Sentì solo le braccia che si allungavano per circondarla. Non ebbe paura, perché riconobbe all’istante l’odore inconfondibile della sua fragranza.

Appoggiò le sue mani alle sue e si fece stringere forte. Ancora per qualche istante rimasero in silenzio quasi a voler condividere quel paesaggio sconfinato.

Lei si voltò verso di lui, poggiò le sue labbra sulle sue e con le mani gli accarezzò il viso e lui la strinse forte a sé.

Percorsero allegramente quei tornanti che li separavano dal mare che qualche minuto prima avevano ammirato dall’alto, arrivarono al porticciolo dove si trovava un piccolo ristorantino. Ormai si era fatto sera e all’imbrunire tutto aveva assunto un’atmosfera magica.

Ordinarono un antipasto di pesce crudo con un calice di Albanello. Quando servirono loro il piatto rimasero stupiti dalla varietà: gamberoni, scampi, tartare di tonno, ostriche, salmone, pesce spada, alici.

Incominciarono a degustare il piatto prelibato, lui si avvicinò con un mezzo sorriso e le fece una richiesta: voleva assaggiare uno scampo con il suo sapore. Lei imbarazzata incominciò a ridere, ma non poté resistere, accettò e approfittò del fatto che il cameriere si era allontanato. Prese il crostaceo con una mano e con l’altra, approfittando della tovaglia lunga, sollevò la gonna, divaricò leggermente le gambe, scostò gli slip e lo inserì nella vagina lubrificata. Poi come se fosse il dono più prezioso glielo porse facendogli aprire la bocca e lui deglutì.

Lo gustò lentamente e poi come se fosse un vino pregiato le raccontò quali fossero i sapori appena assaporati: marini delicatamente fruttati e vellutati con una nota leggermente agrumata.

Eliza Bennet