2 gennaio 2015

Danze parte 1


Anna aveva chiuso il libro, stanca e un po’ annoiata. La giornata era soleggiata e accompagnata da un leggera brezza che rendeva il pomeriggio tutto sommato sopportabile. Nonostante in altri momenti avesse apprezzato la lettura di quel romanzo, adesso desiderava fare qualcos’altro, ma non sapeva cosa. Lo chiuse, sollevò lo sguardo e gli occhi si rivolsero al quadro di Goya “Il fantoccio” appeso alla parete di fronte a lei. Le ritornarono in mente quando da bambina giocava con sua sorella fino a tarda sera e arrivava il momento fatidico di dover lasciare tutto per andare a letto. In quel caso il tempo scorreva veloce e non c’era un momento per annoiarsi. 

Si alzò dal divano, in cerca del telefono. Lo afferrò, ma chi chiamare? Molti amici erano partiti per le vacanze compresa sua sorella. Era chiaro che quel pomeriggio sarebbe stata sola.

Guardò fuori, notò che ancora c’erano diverse ore di luce e poteva approfittarne per un giro in bicicletta. Si rinfrescò, cambiò i pantaloni e la maglietta e senza pensarci, si diresse alla porta del garage. Si fermò  e la prima cosa che le venne in mente fu: “Ma ho qualche soldo in tasca?”.  Guardò il portafogli e fu un’amara constatazione: una banconota da 5 euro e qualche moneta e nient’altro. Doveva accontentarsi, anzi farseli bastare per qualche giorno. Forse avrebbe potuto prendere un gelato, ma poco importava, aprì il pesante basculante del garage, posò la borsa sul cestino, infilò gli occhiali da sole e incominciò a pedalare. Voleva allontanarsi da casa quasi che così facendo avesse scacciato via quei pensieri malinconici.

Non appena fu in strada incominciò a pedalare ancora più velocemente: provò una serenità che le fece nascere un luminoso sorriso. In un istante l’inquietudine che qualche minuto prima l’aveva tormentata, sembrava scomparsa, dissolta nel nulla. Avendo la possibilità di rallentare senza intralciare il traffico, poteva guardare le case, i condomini, le villette che si susseguivano, come se fosse la prima volta che stesse percorrendo quel tragitto. In ognuna di loro riuscì a cogliere particolari che nei giorni scorsi non aveva notato.

Anna percorse la strada principale e dovette fare attenzione nell’attraversarla per non incorrere nei binari del tram. Poi la via si fece leggermente in salita, attraversò, sollevò la bici su per la scalinata raggiungendo l’argine. Qui il percorso era sterrato, era utilizzato da persone che facevano jogging. In quel tratto non poté andare ad un’andatura spedita come aveva fatto in precedenza, i sassi rendevano difficoltoso l’avanzare. Non si arrese, l’aria, i ciottoli rendevano la passeggiata ancora più briosa e accattivante.

A poco a poco diminuirono le persone, il tragitto si fece più in salita e Anna dovette scendere dalla bici e per portarla a mano per arrivare fino in cima. Le squillò il telefono. “Strano, chi può essere?” guardò per qualche secondo in cellulare incredula: Roberto.

Per poco dall’emozione non le cadde il telefono dalle mani, poi rispose con una voce impacciata  e disse:  - Ciao, come stai? -  lui ricambiò  con:  - Sono tornato oggi dal viaggio, ti va se ci vediamo?

...continua

Eliza Bennet

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