Aveva
accettato con fatica quell’invito a pranzo, sperando fino all’ultimo in
un imprevisto. Poi al momento di prepararsi per uscire, aveva trovato
il buon umore. Con cura aveva scelto il bagnoschiuma per farsi la doccia
e si era presa tutto il tempo per applicare la crema sul corpo. Aveva
preso una quantità sufficiente di prodotto per stenderlo su un polpaccio
e con le mani si massaggiava e ne assaporava la fragranza. Erano delle
carezze che si faceva ad ogni parte della pelle, quasi che stesse
compiendo un rito. Il tempo era dilatato, i minuti che impiegava nel
compiere queste carezze sembravano interminabili.
Poi
dolcemente passava all’altra gamba con la stessa cura e metodica. Erano
quei momenti in cui si riappropriava del suo fisico. Nel compiere
questi gesti lenti aveva incominciato ad apprezzarne le sue peculiarità,
a guardarlo con amore, ad ammirare quelle cicatrici testimoni del suo
passato, a non disprezzarlo più perché era dimostrazione della sua
storia. Aveva scoperto che era il Suo corpo, il Suo tempio e se ne
doveva prendere cura, proprio come una mamma fa con il proprio bambino.
In quei momenti si concesse dei teneri gesti, piccole attenzioni:
l’accarezzarsi del ventre, dei seni e poi con amorevolezza si guardò le
sue rotondità femminili.
Non
c’era musica migliore nel compiere quei gesti che in silenzio. Per caso
poi, alzò lo sguardo e i suoi occhi si rivolsero allo specchio. Vedeva
riflessa tutta la sua morbida nudità e non sentì più quel giudice
cattivo che sistematicamente interponeva tra se e lo specchio.
Spontaneamente sulle sue labbra nacque un sorriso. Si volse alla
cassettiera e cercò con cura quale slip o perizoma la potesse ispirare.
Il cassetto era stracolmo di ogni forma e colore di questo capo. Non si
accontentò di prendere il primo che le capitasse per mano, la sua
attenzione si rivolse a quelli che si trovavano più in basso e
finalmente ne scorse uno di suo gradimento acquistato tanto tempo fa e
lo indossò. Prese il reggiseno, si rivolse nuovamente allo specchio e il
sorriso che ne scaturì fu di assoluta approvazione. Aprì l’armadio e
scelse la gonna a tubino nera che tanto le donava. Due spruzzate di
acqua di colonia sul collo e indossò una camicetta leggermente
elasticizzata.
Eseguì
tutti i movimenti con calma, quasi fosse il giorno più importante della
sua vita, invece era una semplicemente uscita. Il suo compagno era
sotto ad aspettarla.
Doveva
ancora truccarsi. Non amava usare ciprie coprenti, ma si concedeva due
tocchi molto semplici: applicare una sottile linea nera con l’eye liner e
il mascara che evidenziava quei occhi da cerbiatta. Scelse velocemente
la borsa abbinata alle scarpe, una collana appariscente e un anello.
Adesso
era finalmente pronta e si sentì apposto. Lentamente scese le scale e
salì in macchina. Quando arrivarono al locale, il suo compagno ricevette
una telefonata di lavoro e rimase sola ad aspettare. Per far passare il
tempo incominciò a giocare con il cellulare e si guardò intorno. Rimase
un po’ delusa: pensava che tutto il tempo che aveva dedicato alla cura
di te stessa fosse stato notato dal suo uomo, invece si ritrova sola ad
un tavolo.
Mentre
sorseggiava un bicchiere di vino si avvicinò quell’uomo che
all’ingresso aveva notato per il suo atteggiamento spavaldo. Non avrebbe
voluto dargli confidenza, ma il tempo non passava mai e sembrava quasi
un invito a farlo accomodare.
-
Cosa fai? scrivi un messaggio al tuo fidanzato? - Esordisce. Lei
vorrebbe nascondere quel telefono, sentendosi come un bambino che è
stato appena colto in fragrante. Qualche istante per completare quello
che stava scrivendo e lo mette in borsa.
Lei
non riuscì a nascondere il suo disappunto e brevemente gli raccontò la
sua storia. Vedendo che il fidanzato stava arrivando, lui le lasciò il
numero di telefono, avrebbero parlato con più calma in un altro momento,
alcuni amici lo richiamarono e si alzò salutandola.
Eliza Bennet
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