Una
bambina normale con tanta voglia di vivere. Quando eri piccola riuscivi
a contagiare anche la persona più scontrosa e arcigna richiamando la
sua attenzione con un sorriso e un saluto.
Sei sempre stata così.
Ti
bastava poco per farti felice: non avevi tante bambole, le trattavi con
cura, gli abitini li creavi con dei fazzolettini ricamati regalati
dalla mamma, che posizionati abilmente ai tuoi occhi, diventavano con
l’ausilio di nastri dei preziosi abiti da sera.
Quanti sogni! Quante storie infinite inventavi.
Non
era necessario avere la sedia o il mobiletto giusto: ai tuoi occhi un
pezzo di legno diventava un letto a baldacchino dove poter riporre la
tua bambola per farla riposare.
A
volte avresti voluto giocare con tuo papà, ma ti bastava essere con lui
nel soggiorno, che alzasse il volume dello stereo costruito dalle sue
abili mani, e di colpo muovesse le braccia come un maestro d’orchestra.
Dovevi stare in assoluto silenzio e ascoltare.
Quella volta ti stupì quando mise il 33 giri con la sinfonia “La Cenerentola” di Gioachino Rossini:
si era immedesimato a tal punto da non voler essere distolto da quella
melodia e cogliere tutte le sfumature di ogni singolo strumento.
Fu
una delle prime volte che incominciasti a sognare ad occhi aperti,
immaginando di vivere realmente quella favola tanto conosciuta e
raccontata in musica. Di fronte a te, le sorellastre, la matrigna e poi
quasi per incanto con un tocco di bacchetta fatata indossare quel
vestito color cielo. Le parole erano sostituite alle note e intuivi i
passaggi dove c’era il momento di tristezza oppure il fatidico gran
ballo con il principe. Non potevi parlare, ma ti era concesso seguire la
musica.
Tuo
padre era felicemente assorto e si stava regalando quel momento di
libertà. Tu ne godevi perché potevi stare finalmente vicino a lui.
Quel pomeriggio hai desiderato che un giorno saresti diventata anche tu una Donna e orgoglio di tuo Padre.
Eliza Bennet
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