24 febbraio 2015

La storia di un seme




Una mano robusta mi poggiò con cura nella morbida terra, mi sistemò in una stretta buca, a qualche decimetro dalla superficie perché trovassi  riparo e potessi riposare tranquillo.


Poi, con un semplice gesto mi coprì con dell’altra terra per ripararmi dal freddo, così che potessi fare un sonno profondo. Lì mi sentii protetto, coccolato. Non mi mancò nulla. Avevo tutto il cibo che mi occorreva. L’unica cosa che facevo era dormire intensamente.


Non avevo misura del tempo che trascorreva. Era buio, ma non era un problema non vedere: sentivo quello che succedeva sopra di me. A volte il vento soffiava così forte da portarsi dietro rivoli di fogliame, oppure, e lì non ti nascondo avevo un po’ paura, udivo cadere tante gocce che mi sembrava nuotare, altre volte invece avvertivo dei rumori forti e leggeri scuotimenti, ma ero al sicuro e nulla perturbava  questo stato.


Avevo bisogno di più spazio, ero affamato e avevo una grande energia dentro di me. Non so spiegarmi cosa fosse, a poco a poco ho avvertito di potermi toccare e percepivo il mio corpo, chissà perché la mia prima pelle non mi stava più, allungavo i piedi e cercavo cibo sempre più lontano.


A poco a poco non fu poi così buio, mi sollevai, stiracchiai le mie tenere braccia, aprii lentamente gli occhi, la luce era troppo forte, che dovetti richiuderli subito, ma poi quando li riaprii attorno a me notai altri miei fratellini che si svegliavano a quel bagliore di sole. Non so dire che mese fosse però mi stupii perché non faceva tanto freddo.


Quanto ero cresciuto! Guardavo meravigliato i miei fratelli, tutti su per giù eravamo della stessa altezza, con un stelo lungo, due braccia verdissime e lunghissime e una testa con tanti petali tutti colorati.


Guardai più in fondo e a perdita d’occhio vidi uno sconfinato arcobaleno! Dio quanto è bello essere così tanti in famiglia!

Eliza Bennet

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