Quando
discese dall’ultimo gradino del treno, lei avrebbe desiderato di essere
semplicemente perfetta. Non aveva scelto le calzature più comode per
facilitare quel passo e posare tutto il corpo a terra.
Aveva
optato per delle decolté con tacco otto centimetri che esaltavano il
suo portamento. Si era appoggiata alla maniglia con una mano e con
l’altra si teneva allo sportello del vagone. Dentro di se le veniva un
po’ da ridere per la scena alquanto buffa, ma doveva stare attenta a non
cadere.
A qualche metro di distanza l’aspettava un uomo alto che la stava osservando e camminava verso di lei.
Era
una donna che non era nata negli anni ’50, ma con il suo portamento e
stile ne ricordava il fascino inconfondibile. Il passo era sottolineato
non solo da quel tacco vertiginoso, ma anche dalla gonna lunga sino al
ginocchio, le gambe velate da sottilissime calze che evidenziavano la
carnagione lunare. Una giacca a tre quarti l’avvolgeva e riparava dal
freddo.
Un fiore bianco rallegrava lateralmente i capelli mossi castani. La
luce degli occhi era accentuata da un leggero ombretto e eyeliner nero.
Le ciglia erano folte e lunghissime incorniciate da occhiali che solo
apparentemente le fornivano un aria intellettuale e solo nell’intimità
toglieva per svelare quegli occhi da cerbiatta.
Si
abbracciarono teneramente e in quel silenzio fu carico di emozioni. Lui
la avvolse tra le sue muscolose braccia e lei appoggiò la testa
stringendosi e appoggiandosi con il corpo.
Dopo
quegli istanti quasi eterni in cui fiumi di persone li circondarono e
come una corrente li avvolgeva, i loro sguardi si volsero l’uno di
fronte all’altro e sorrisero.
Le
labbra si toccarono e si aprirono per baciarsi, si fusero quasi a
testimoniare che in qualsiasi parte del mondo qualcosa di bello poteva
succedere. Non ci si poteva spiegare il perché, era come un fiore che si
apriva ad entrambi e ne respiravano il suo profumo.
Lui
più volte aveva manifestato la volontà di volersi innamorare, di quanto
fosse importante sentire la carezza e quella pelle morbida femminile…in
certi momenti poi, sembravano quasi urli di dolore e il bisogno estremo
di essere amato ancora una volta. Voleva avere accanto a se una donna e
la stava cercando. Lei aveva capito quel bisogno e pareva fosse un
richiamo diretto a lei. Si, proprio a lei, che era stanca di quella
vita, voleva nuovamente innamorarsi, senza nascondersi più dietro
inutili maschere. Voleva essere apprezzata per quello che era: aveva
studiato una vita e voleva realizzare i suoi sogni. Non voleva più
trovarsi con uomo che si spaventasse di quella intraprendenza tutta
femminile. Lei cercava un uomo con cui poter dialogare di filosofia e
l’attimo successivo poter ridere per una battuta.
Voleva
essere una donna completa e non a metà. Voleva godere e immergersi nel
suo corpo, mescolandosi con il suo sapore. Parlare all’infinito di
infinito, ma nell’attimo dopo unirsi a lui e riscoprirsi in quella
carnalità un corpo solo e un’anima sola.
Andarono
a casa sua, mano nella mano. Chiudendo quella porta misero fuori tutto:
problemi, passato, incomprensioni, infelicità, turbamenti. Erano lì nel
presente e in quei corpi che reciprocamente si portavano in dono.
Lei
chiuse gli occhi e con calma lui tolse strato dopo strato ogni pezzo di
stoffa che la ricopriva. Lei fece altrettanto, emozionata.
Dolcemente
si sdraiarono e lui fu sopra di lei. La baciò assaporando la pelle del
viso, le labbra, il collo. Lei si affidò a lui, chiudendo gli occhi per
immergersi ancora di più in quelle effusioni. Sentiva le sue mani
accarezzare i suoi seni e poi soffermarsi su uno. Le piaceva quella
lingua che delicatamente solleticava il capezzolo. Le arrivavano brividi
alla schiena e gradualmente si lasciava andare. La sua lingua era
incessante e assaporava il suo ventre, l’ombelico e lentamente scendeva
in basso in quelle cavità così attese e desiderate.
Le
sue gambe erano aperte per farsi assaggiare totalmente. Lui con le dita
le aprì le grandi labbra bagnate e gustò il suo nettare. Poi la lingua
gustò il clitoride e incominciò a muoverlo e farla gemere. Lei gli fece
capire che era arrivato il momento di averlo dentro di se, di
stringerlo.
Eccitatissimo, la guardò negli occhi e si aggrovigliarono.
Eliza Bennet
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