7 agosto 2014

Ducati 999

Si poteva capire da quel rumore compatto di quei mitici bicilindri il suo arrivo.

Tutti, compreso chi non era appassionato Ducati, volgevano lo sguardo di fronte a quella moto che qualche anno prima aveva vinto alcuni mondiali superbike.

Il suono era pulito, denso, sembrava come una donna selvaggia con il suo cavaliere che docilmente era riuscito a domare. Lui aveva imparato come accompagnarla, si era instaurato un legame forte e indissolubile.

Era diventato uno stile di vita: su quelle due ruote aveva finalmente riassaporato la voglia di vivere, di godere con semplicità la compagnia di quei quattro matti come lui, e farsi quattro risate rilassate di fronte a una birra dopo aver percorso un bel po’ di kilometri su quei indomabili destrieri.

Sembrava che lei, la sua 999, potesse capire quando desiderasse fuggire da tutto: dagli impegni, dalla solita e sterile vita quotidiana. Era lì nel suo garage, pronta per un altro giro e sentirsi ancora una volta libero.

Non aveva concesso a nessuna donna di intromettersi in quella passione.

Quando lui la cavalcava era il suo momento dove abbandonava tutto e desiderava essere solo con se stesso. Quando accendeva il motore sembrava quasi che scalpitasse per andare fuori e percorrere ancora una volta quelle curve sinuose. Lei era un po’ capricciosa, ma con sapienza lui era riuscito a capire come assecondarla e come farle prendere, nella giusta traiettoria, quei tornanti impervi.

Tutto gli scorreva attorno a lui: il mondo circostante, seduto su quella sella lo vedeva da un’altra prospettiva, guardava le cose con distacco, senza  nessun filtro, esattamente come dovevano essere, belle o brutte.

Quando la strada lo permetteva poi,  dava gas a quel motore sensazionale e lo faceva respirare come un vero e vigoroso purosangue.

Stava varcando le porte del cancello e lei lo aveva riconosciuto: giubbotto in pelle su quel cavallo nero ribelle.

Si guardarono e bastarono alcuni cenni con il viso per intendersi.

Eliza Bennet

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