28 luglio 2014

Ferrari 250 Cabriolet

Il quel negozio c'era passato tante volte e aveva sognato di guidare una di quelle automobili. Aveva trovato un nuovo lavoro che gli permetteva di togliersi qualche sfizio.

Entrò finalmente in quell'autosalone tanto ambito, era emozionato come quando gli regalarono la sua prima macchinina. A casa conservava alcuni modellini giocattolo custoditi ormai dentro una vetrina. Quando le ammirava ricordava che quel sogno nutrito sin da piccolo non era poi cosi impossibile, doveva solo lavorarci su.

Finalmente varcava quella porta: voleva acquistare una di quelle auto d’epoca tanto decantate nelle riviste specializzate.

Lo accolse un signore distinto, affabile, che gli illustrò i modelli esposti. C'erano una Dino 246 GTS del 1972, la BMW M1 del 1979, l’Alfa Romeo Spider del 1966, la Ferrari Daytona Spider del 1970.

Ma quella che preferirì più di tutte fu la Ferrari 250 Cabriolet disegnata da Pininfarina e prodotta negli anni '60, molto James Bond. Le curve erano morbide, i sedili in pelle, con il cruscotto in mogano. Scelse quel modello perché in fondo non voleva un auto super elettronica, ma qualcosa che poteva guidare e come una donna lasciarsi trasportare da lei.

Quando aprì lo sportello gli piacque persino il click che faceva il pulsante di apertura. Il venditore vedendo l’interesse gli propose subito un giro di prova. Non appena accese il motore e sentì il suono di quei 3000 di cilindrata decise che l'avrebbe comprata al ritorno. Quella breve passeggiata fu una conferma di quanto fosse affascinato da quei cavalli.

Mentre guidava provava una serenità mai provata fino a quel momento. Costeggiava la stretta e ripida provinciale lungo la costa ligure. A bordo di quella macchina ripensava quante volte da ragazzino l'aveva percorsa in bicicletta. Il vento gli accarezzava il viso e un sorriso compiaciuto nacque sul suo volto.

Stava andando al solito bar a festeggiare con gli amici il suo ultimo capriccioso acquisto.

Seduta ritrovò quella ragazza dagli occhi castani e dai capelli ricci che qualche giorno prima aveva scambiato qualche battuta.

La invitò a sedersi con loro e a farsi un giro inaugurale sulla sua nuova autovettura. Di sottofondo alla radio trasmettevano “Glory box” degli Portishead. Quello che in lei trovava estremamente eccitante era il suo modo di porgersi senza inibizioni e che sapesse già quello che voleva. Gli raccontò che quel brano la “ispirava” a fare qualcosa come uno spogliarello. Il bacio tra loro fu immediato: le loro bocche non smisero di fermarsi, di leccarsi e succhiarsi.

All’interno dell’abitacolo, fermi in una piazzola di sosta lui incominciò a toccare le sue gambe e piano piano salire spostando il vestito. Lei poggiava la mano sui suoi pantaloni e sfioravano il suo membro.

Lo guardò, aprì la cerniera lampo dei pantaloni e abbassò i boxer. Prese il suo membro in mano: era durissimo. Con la lingua abbassò il prepuzio scoprendo il glande e leccò avidamente. Con la mano andava su e giù per eccitarlo. Smise solo quando capì che sarebbe venuto nella sua bocca.

Eliza Bennet

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